Qual’è la situazione attuale della ricerca scientifica italiana in ambito di tappeti erbosi naturali?
La ricerca scientifica italiana è sicuramente cresciuta rispetto agli Anni Ottanta, quando il mercato era ancora marginale e nel nostro paese la cultura tecnica era praticamente azzerata, così come il supporto scientifico. Il vero tallone d’Achille rimane la ricerca pubblica, che ha dato un contributo decisamente modesto. Il supporto dato dal privato, condotto quindi dalle singole aziende, è il vero motore per un settore che oggi deve, tra gli altri, soprattutto affrontare il problema di non poter più fare uso dei prodotti fitosanitari.
In quali ambiti la ricerca sui tappeti erbosi ha compiuto i maggiori progressi?
Vi sono stati grandi progressi legati al miglioramento dell’adattabilità delle specie e varietà ai diversi ambienti e alle variazioni climatiche e per quanto riguarda la nutrizione delle piante. Tuttavia la strada da fare è ancora lunga: la ricerca deve ipotizzare e supportare le opportunità di innovazione, che non va delegata a chi non conosce lo scenario italiano. È importante quindi ricercare nuove specie, sviluppare nuove varietà, riducendo la dipendenza dalle importazioni, poiché data la nostra posizione geografica e l’area pedo-climatica possiamo diventare autentici leader nel settore.
Quali sono le sfide future per la ricerca sui tappeti? Quali obiettivi deve raggiungere e quali desideri deve soddisfare?
Le attese sono sicuramente alte, perché elevata è la domanda di sementi di qualità. La ricerca deve mettere in secondo piano i parametri estetici che hanno sino ad oggi guidato il miglioramento ed invece fondare l’innovazione di materiali, di sistemi, su parametri funzionali e misurabili, come ad esempio la capacità delle varietà vegetali di rispondere agli stress abiotici, come quello idrico, la stabilità del tappeto erboso e la risposta all’usura.
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