L’esempio più conosciuto, almeno nel nostro Paese, è sicuramente il “bosco verticale”, un complesso di due palazzi residenziali a torre progettato da Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra e situato nel Centro Direzionale di Milano, ai margini del quartiere Isola.
Il bosco verticale è un esempio di applicazione del “verde tecnologico”, una una vera e propria disciplina che unisce l’agronomia all’architettura con l’obiettivo di fondere in un’unica anima il mondo vegetale, con particolare riferimento proprio ai prati naturali, con l’ambiente urbano, portando i parchi e i giardini a contatto diretto con i luoghi dove abitiamo. Peculiarità del bosco verticale di Milano, inaugurato nel 2014, è la presenza di più di duemila essenze arboree, tra erbacee, arbusti e alberi ad alto fusto, distribuite sui prospetti. Questa tendenza, da qualche anno oggetto di continui corsi di approfondimento e formazione sia per gli architetti, sia per gli agronomi, trova la sua espressione in due tipologie principali: il verde pensile e il verde verticale.
Con verde pensile si intende una tecnologia finalizzata a realizzare strati vegetativi su superfici che non sono in contatto con il suolo naturale. Le superfici possono avere spessori anche molto ridotti e possono essere impermeabilizzate, come i tetti piani o inclinati, o non impermeabilizzate.
Il verde pensile non è semplicemente uno strato di finitura, di abbellimento e/o mascheramento di superfici costruite.
Realizzare il verde pensile presuppone la gestione di un sistema integrato e complesso di strati funzionali che hanno lo scopo primario di ricreare un habitat adatto alla crescita e al corretto sviluppo delle specie arboree ed erbacee.
È una soluzione ad alto contenuto tecnologico: viene riprodotto il processo naturale con tecniche che ne imitano le funzioni così da permettere il corretto sviluppo di una superficie vegetalizzata.
Al terreno viene sostituita una stratigrafia, articolata in una serie di strati funzionali caratterizzanti, capace di smaltire le acque in eccesso trattenendo contemporaneamente l’acqua e le soluzioni nutritive necessarie alla vita delle piante.
Non stiamo di certo parlando di una moda recente, i giardini pensili sono una soluzione architettonica che affonda le proprie radici (in tutti i sensi) nel passato, basti pensare al Palazzo Borromeo, edificio seicentesco sito nell’Isola Bella, sul Lago Maggiore (comune di Stresa, provincia del Verbano-Cusio-Ossola).
Oggi, grazie alle tecnologie disponibili, le possibilità di trasformare tetti o terrazzamenti degli edifici urbani sono molteplici e adattabili a grandi superfici come a scala condominiale. Il progetto del nuovo Policlinico di Milano, una costruzione avveniristica che dovrebbe essere conclusa nel 2022, prevede la realizzazione di due blocchi di 7 piani uniti da uno centrale di tre piani sul quale sarà realizzato un giardino terapeutico pensile che secondo l’ideatore, lo stesso architetto Boeri del bosco verticale, sarà il più grande del mondo.
Con verde, o giardino, verticale si intende una parete coltivata con piante specifiche. Queste sono fatte radicare in compartimenti tra due strati di materiale fibroso ancorato alla parete.
Per garantire l’approvvigionamento idrico è previsto un impianto apposito posto tra gli strati.
Vere e proprie opere d’arte, i giardini verticali vengono spesso realizzati in metropoli, in particolare sulle superfici verticali degli edifici. Possono essere anche di grandi dimensioni, come ad esempio quella del CaixaForum di Madrid, progettata dal botanico Patrick Blanc, alta 24 metri e con un’ampiezza di 460 m², oppure il “Padiglione Israele” ad Expo 2015.
Una parete verde non è solo una soluzione esteticamente attraente, porta con sé alcuni vantaggi, andando a costituire una “seconda pelle” degli edifici che ne migliora, da un lato, l’isolamento termico, evitando l’irraggiamento diretto dei raggi solari sulla parete, e, dall’altro la valenza ambientale, contribuendo a catturare le polveri sottili (PM10) in ambiente urbano.
Sintetizzando, le facciate rivestite con prati verticali offrono alcuni vantaggi:
Fonti consultate:
Verde Verticale – Aspetti figurativi, ragioni funzionali e soluzioni tecniche nella realizzazione di living walls e green façades. Santarcangelo di Romagna: Maggioli
Coperture a verde: ricerca, progetto ed esecuzione per l’edificio sostenibile, Hoepli
Il Nuovo Verde Verticale – Tecnologie, Progetti, Linee guida. Torino: Wolters Kluwer Italia
Giardini in verticale. Firenze: Verbavolant
Verde: naturalizzare in verticale. Santarcangelo di Romagna: Maggioli
Il verde verticale, Sistemi Editoriali Esselibri Simone
Tag:giardinaggio, innovazione, Italia, milano, ricerca e sviluppo, sostenibilità ambientale, Tappeti erbosi, verde ornamentale, verde tecnologico, verde urbano
L’autunno è iniziato da poche settimane, ma è meglio premunirsi per sfruttare le ultime finestre utili per preparare in modo razionale il prato naturale all’arrivo dell’inverno.
Delle operazioni importanti da svolgere in questo periodo ne abbiamo già trattato in questo articolo www.pratinaturali.it/preparare-prato-naturale-ai-primi-freddi ma vale la pena soffermarsi con più attenzione sulle concimazioni.
Di norma l’ultima concimazione va effettuata quando è già iniziata la stasi vegetativa, quindi attorno alla seconda settimana di dicembre per i nostri climi e serve per il mantenimento del manto erboso durante il periodo invernale. È importante sottolineare che concimazioni azotate prima di periodi caratterizzati da stress ambientali dovrebbero essere rimandate o, al limite, eseguite con molta attenzione. Al contrario concimazioni potassiche favoriscono la resistenza agli estremi termici (molto caldo o molto freddo) ed agli stress idrici (carenze o eccessi di acqua).
L’elemento più importante per la concimazione pre-invernale è il potassio.
Il potassio è fondamentale nei processi di crescita e di sviluppo ed è facilmente traslocato all’interno della pianta, regola l’assorbimento e la ritenzione dell’acqua, influenzando così la resistenza al caldo, al freddo e alla siccità, aumentando inoltre lo sviluppo e la ramificazione dell’apparato radicale.
Fertilizzazioni potassiche possono contribuire a ridurre gli attacchi di numerosi patogeni fungini, in particolare Microdochium nivale (marciume rosa invernale).
Tra le numerose funzioni che il potassio esplica nella piante ricordiamo quindi i seguenti:
Quest’ultimo punto evidenzia l’importanza del suo utilizzo nel periodo autunnale. Il potassio permette infatti alle piante di superare le condizioni termiche avverse, come temperature molto basse.
Discorso a parte merita l’azoto: la concimazione azotata può anche essere utilizzata per interrompere la dormienza invernale e stimolare un precoce risveglio vegetativo primaverile, ma in questo modo si possono aumentare le possibilità di danni causati da gelate tardive.
Nel periodo autunnale le ultime concimazioni debbono variare a seconda della situazione climatica. In climi freddi, dove è possibile il verificarsi di danni da gelo meglio evitare concimazioni nel tardo autunno che avrebbero I ‘effetto di stimolare la crescita dei culmi e quindi l’idratazione dei tessuti.
Come riportato ad inizio articolo, al fine di promuovere una maggiore resistenza alle basse temperature, è meglio evitare la concimazione azotata nei 30-40 giorni che precedono l’entrata in dormienza invernale.
Però molto dipende dall’areale geografico, e quindi climatico, dove si trova il prato: microterme cresciute in regioni caratterizzate da inverni miti possono essere concimate anche per una parte dell’inverno, ma con piccole dosi.
Concimazioni invernali con temperature appena sopra gli 0 °C permettono infatti di mantenere una certa colorazione del tappeto, una buona densità dei culmi, la crescita delle radici, pur non aumentando eccessivamente la respirazione, la crescita dei germogli e l’utilizzazione delle riserve dei carboidrati; infine hanno un positivo effetto nello stimolare un più pronto risveglio vegetativo primaverile.
In suoli sabbiosi molto sciolti è però meglio evitare apporti di azoto a fine autunno per il rischio di incorrere in fenomeni di lisciviazione.
Fonti consultate:
Tappeti erbosi – Edagricole (2006)
http://plantscience.psu.edu/
Manuale pratico per il manto erboso 2010. Comune di Bologna
Tag:giardinaggio, prati naturali, Tappeti erbosi, verde ornamentale
Un bel prato che cresce da solo è il sogno di qualunque appassionato del verde e, come tale, è praticamente irrealizzabile, ma avere un bel prato con una bassa manutenzione è possibile, a patto di fare le scelte giuste sia in termini agronomici sia di varietà.
Innanzitutto bisogna capire cosa si intende con “bassa manutenzione”, un prato, per quanto resistente e vigoroso, deve comunque poter disporre di una quantità minima di acqua e di una situazione climatica “vivibile”, ma determinate varietà di erba sono molto più adatte di altre al calpestio, necessitano di meno irrigazioni e crescono meno in altezza richiedendo quindi rasatura con minore frequenza.
La Festuca arundinacea è sicuramente una di queste: è una specie microterma appartenente alla famiglia delle Poaceae caratterizzata da ampia adattabilità: è infatti adatta a climi moderatamente freddo-umidi o freddo-aridi e cresce bene anche nelle regioni con climi intermedi. Viene molto utilizzata nella realizzazione di tappeti erbosi poiché tollera caldo, siccità, luce e ombra, rimane verde tutto l’anno (durante l’inverno tende a decolorare leggermente), resiste a diverse malattie, sopporta molto bene l’usura ed è molto persistente anche in caso di scarsa manutenzione.
Predilige suoli fertili, con un pH di 6 – 6,5 ed è caratterizzata da un apparato radicale più profondo rispetto ad altre specie come Poa pratensis, Lolium perenne e Agrostis stolonifera.
Queste caratteristiche la rendono utile sia per l’uso ornamentale, sia sportivo, viene infatti spesso utilizzata per i campi da calcio. Quasi tutte le varietà di Festuca arundinacea sono infatti adatte all’impiego sui tappeti erbosi ricreativi in considerazione dell’elevata resistenza al calpestamento, alle malattie, ai suoli acidi e della bassa suscettibilità alla formazione di feltro.
In commercio è facile reperire miscugli contenenti di Festuca arundinacea in percentuale molto elevata e composti da varietà di ultima generazione, che presentano una crescita verticale più che dimezzata rispetto agli ecotipi originali, maggiore capacità di accestimento, miglior colore, finezza fogliare e crescita eretta dei culmi.
Negli ultimi anni la Festuca arundinacea e i suoi miscugli hanno avuto grande successo, ma è importante che chi acquista non si lasci ammaliare dal packaging della confezione, ma che si faccia guidare dai consigli delle aziende sementiere, in grado di indicare le specie e le varietà più adatte a seconda delle varie esigenze.
Fonti consultate:
Tag:giardinaggio, prati naturali, ricerca e sviluppo, Tappeti erbosi, verde ornamentale
«Progettare il verde urbano del futuro vuol dire oltrepassare gli schemi tradizionali progettuali con i quali si interpretavano e realizzavano le aree verdi, in particolare quelle a destinazione pubblica: significa far convivere un progetto spaziale con quello naturalistico e sociale, creare nuovi ed integrati rapporti tra i sistemi insediativi e tutte le componenti degli spazi aperti, siano esse di natura percettiva sia partecipativa». Questa la filosofia della presidente di Assofloro Lombardia Nada Forbici, con la quale abbiamo cercato di delineare lo scenario di domani per il prato naturale, tra cui la defiscalizzazione del verde privato.
Presidente Forbici, quali sono le tendenze future più interessanti relativamente al verde urbano?
In futuro sarà sempre più fondamentale concepire il paesaggio come espressione del luogo stesso in cui si trova inserito e dell’aspetto sociale-culturale della comunità che lo ospita. Il futuro verde urbano dovrà sapersi adattare ad un mondo in cambiamento, non solo nel clima ma anche della società e nelle richieste del cittadino. La parola chiava sarà Progetti Integrati: una sinergia ed un ridisegno del tessuto urbano che compenetri infrastrutture verdi e green building, creando nuovi ecosistemi che contribuiscano a migliorare il microclima e la biodiversità e ridurre l’inquinamento, le isole di calore, i dissesti idrogeologici”.
Il prato naturale è un elemento propulsivo per il verde urbano, come sarà secondo lei il prato del futuro?
Il concetto di prato ornamentale, arrivato in Italia secondo il paradigma del “prato all’inglese” (un prato perfetto, elegante, raffinato e, di conseguenza, molto esigente da un punto di vista manutentivo e di costi), è destinato a subire una svolta che è in parte già avviata. Già da qualche anno, infatti, a partire dalla crisi economica che ha ridotto le risorse pubbliche e private, in concomitanza con l’attenzione crescente all’impatto ambientale delle azioni antropiche, il modello del prato all’inglese ha iniziato a vacillare.
Così iniziano a farsi spazio tappeti erbosi più ecologici e più economici, che prevedono l’utilizzo di specie autoctone, di varietà più resistenti allo stress idrico, di prati estensivi a basso costo manutentivo (ridotto nr. di sfalci, ridotto uso della chimica per fertilizzazione), di prati più resistenti alle malattie (che possano essere gestiti senza l’utilizzo di prodotti fitosanitari.
Sono nate così nuove tipologie di tappeto erboso prima non conosciute dal mercato, ed altre sono ancora in fase di sperimentazione, oggi in Italia.
Ritiene che a queste innovazioni debba seguire un nuovo approccio da parte degli gli operatori del settore?
L’approccio nuovo si può riassumere in queste parole chiave: gestione organica del tappeto erboso, e approccio naturale/biologico. Il cambiamento culturale, che deve avvenire nel pubblico ma anche negli operatori professionisti (giardinieri) è molto lento e difficile, anche perché va nella direzione opposta rispetto ai paradigmi della nostra società post-contemporanea (quelli del tutto-subito e del perfetto-per sempre-a costo accessibile). Per questo si sta verificando il fenomeno di mercato del prato sintetico, con un boom vero e proprio negli ultimi due anni, perché risponde perfettamente a questo immaginario. Ovviamente a livello qualitativo il prato naturale non ha confronti, l’unico punto in comune con il sintetico è che sono entrambi verdi ma tutti i benefici del prato naturale spariscono con l’utilizzo del sintetico.
Assofloro Lombardia ha presentato recentemente delle proposte di legge in materia di defiscalizzazione del verde privato: quali vantaggi apporterebbero a livello sociale e occupazionale?
I vantaggi ed i benefici sono diversi e coinvolgono svariati livelli. Grazie all’incentivazione di interventi di riqualificazione, recupero e realizzazione di aree verdi private, attraverso un sistema di agevolazioni fiscali, si otterrebbero una serie di risultati importanti fra cui:
• aumento dell’occupazione,
• aumento del gettito fiscale,
• emersione del lavoro nero,
• aumento del valore immobiliare,
• riqualificazione ecologico ambientale delle aree edificate,
• diminuzione dell’isola di calore,
• miglioramento della qualità dell’aria e della vita.
La questione è di importanza trasversale perché il verde privato, come quello pubblico, hanno una ricaduta che va oltre l’estetica e riguarda l’ambiente, la salute, il benessere, la qualificazione del lavoro, ecc.
È stato stimato che l’incremento di fatturato per l’anno 2017 relativamente ai lavori straordinari di riqualificazione e manutenzione del verde, in aree verdi esistenti e aree verdi urbanizzate esistenti, ammonterebbe a circa 1,2 miliardi di euro. Tale stima è stata elaborata incrociando e rapportando i dati del settore verde con quelli del settore primario ad esso connesso, vale a dire il settore delle costruzioni e ristrutturazioni in ambito di edilizia. Per i motivi precedentemente riportati investire oggi in una politica “green oriented” potrà solo portare ricadute positive a livello nazionale
Oggi viene incentivato tutto ciò che viene ristrutturato all’esterno delle abitazioni, eccetto il verde. I tempi sono maturi per un ampliamento di prospettiva?
È necessario un ampliamento di prospettiva, da intendersi come strumento ed opportunità per il rilancio economico dell’intero settore legato al verde. I dati sono significativi: Il florovivaismo in Italia vale oltre 2,5 miliardi di euro, di cui circa 1,15 per la sola produzione di fiori e piante da vaso. Sono ben 30.000 le aziende impegnate nel settore, per un totale di 180.000 occupati nel settore compresi quelli dell’ambito manutentivo e quasi 29.000 ettari di superficie agricola complessivamente occupata. Consideriamo poi tutto l’indotto connesso al mondo del verde produttivo e di costruzione-manutenzione. È un’opportunità, rimarchiamo, per sostenere e rilanciare l’intero comparto legato al verde che, non smetteremo di ricordare, apporta benefici imprescindibili per l’ambiente e la salute di tutti noi cittadini.
Tag:CO2, giardinaggio, innovazione, Italia, prati naturali, ricerca e sviluppo, sostenibilità ambientale, verde ornamentale
Scegliere un tappeto erboso naturale per il proprio giardino di casa assicura numerosi vantaggi non solo dal punto di vista ambientale ed economico, ma anche sociale. Un giardino è infatti una “porzione di natura” che deve suscitare emozioni a chi ne usufruisce grazie alla sua funzione estetica e paesaggistica che non può essere sostituita dall’erba artificiale.
Per godere di un prato naturale bello, sano e duraturo bastano pochi e semplici accorgimenti. Ce li spiega l’agronomo Riccardo Dal Fiume, che da oltre vent’anni si occupa di consulenza per i tappeti erbosi con un particolare interesse per il verde ornamentale.
– Miglioramento del terreno: conoscere e saper valutare, attraverso un’analisi del terreno, il suolo su cui si andrà a seminare è il primo fondamentale passo per raggiungere ottimi risultati. È buona norma in questa fase iniziale utilizzare un fondo di sabbia che favorisca il drenaggio e riduca il ristagno, contribuendo così a scongiurare l’insorgere di malattie.
– Scegliere la giusta semente: la ricerca sementiera negli ultimi trent’anni ha compiuto passi da gigante. Se prima l’obiettivo principale da conseguire era soprattutto estetico, oggi è diventato la sostenibilità ambientale. Sono state create varietà a basso regime manutentivo, che necessitano di meno trattamenti chimici e con una alta capacità di recupero dopo qualsiasi tipo di stress. Tra le specie più utilizzate, negli ultimi anni ha avuto grande successo la Festuca arundinacea e i suoi miscugli, per le sue caratteristiche di rusticità, resistenza al caldo e impatto estetico. È importante però che un hobbista non si lasci ammaliare dal packaging della confezione che acquista, ma che si faccia guidare dai consigli delle aziende sementiere, in grado di indicare le specie e le varietà più adatte a seconda delle varie esigenze.
– Taglio: è un passaggio basilare nella manutenzione di un tappeto erboso naturale. Più è frequente il taglio e più l’erba si irrobustisce. Per questo motivo è importante farlo spesso, anche con l’aiuto dei robot tagliaerba molto diffusi oggi. Un prato non sarà mai in salute se non viene tagliato spesso. Anche l’altezza di taglio è importante. Un tappeto erboso tagliato troppo basso rischia infatti di diradarsi e indebolirsi, fino a rovinarsi completamente. Soprattutto d’estate e prima dell’inverno è consiglaibile tagliare i prati a non meno di 4-5 cm.
– Irrigazione: si tratta di una pratica complessa e quindi soggetta a numerosi errori. La regola generale impone di bagnare il proprio tappeto erboso in maniera abbandonate e poco frequentemente. Il processo opposto avrebbe effetti negativi, perché irrigare troppo spesso indebolisce il prato e favorisce la crescita delle infestanti e delle malattie. Si consiglia inoltre di svolgere l’irrigazione la notte o nel primo mattino, mai alla sera.
– Concimazioni: la concimazione fornisce il nutrimento al prato, logico quindi capire quanto sia vitale come processo. Come un essere umano se mangia poco e male può facilmente ammalarsi e indebolirsi, così succede al tappeto erboso se non viene concimato a sufficienza. È una pratica che bisogna eseguire con regolarità, almeno tre o quattro volte l’anno in momenti specifici e con i prodotti corretti, evitando concimi generici o adatti ad altre colture. Anche in questa fase quindi non bisogna lasciare nulla al caso, ma farsi consigliare da un esperto.
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